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Il 7 agosto del 1420 l’Opera di Santa Maria del Fiore avviò i lavori per la costruzione di uno dei capolavori della storia dell’umanità: la Cupola del Duomo di Firenze. Il progetto, ritenuto in principio impossibile, ha cambiato per sempre la storia del mondo.
Tutt’oggi infatti, quella di Santa Maria del Fiore resta la Cupola in muratura più grande al mondo, con un diametro interno di 45 metri ed esterno di oltre 54. Progettata da Filippo Brunelleschi, questa meraviglia sembrerebbe essere composta da oltre 4 milioni di mattoni.
Grazie al genio del Maestro fiorentino, divenne un modello di riferimento per tante altre cupole nel mondo, tra cui quella Michelangiolesca di San Pietro in Vaticano.
In onore di questa ricorrenza l’Opera di Santa Maria del Fiore aveva progettato varie iniziative, interrotte a causa della pandemia da Covid-19. Nonostante questo, i 600 anni della Cupola vengono festeggiati con la riapertura al pubblico dal giorno 7 agosto 2020, con un eccezionale orario prolungato fino alle 21.
Nei primi decenni del 1400 la Cattedrale di Santa Maria del Fiore presentava una grossa cavità larga 43 metri, per la quale nessuno era in grado progettare una copertura adeguata. Fino a quel momento infatti la parte da coprire sembrava troppo vasta per le conoscenze dell’epoca, tanto che nel 1418 fu indetto un concorso pubblico.
La richiesta era quella di progettare un guscio adatto a quelle dimensioni, o anche solo di ideare delle macchine in grado di sollevare pesi ad altezza mai raggiunte per una costruzione a volta. Parteciparono molteplici concorrenti, tra i quali non fu però individuato un vincitore.
I due artisti che si distinsero rispetto agli altri furono Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti, i quali si erano già sfidati in passato per il concorso della formella del Battistero (1401). Sembra che il Brunelleschi avesse fatto una prova generale per la costruzione della cupola senza centina all’interno della chiesa di San Jacopo Soprarno.
Filippo Brunelleschi propose una soluzione visionaria e innovativa, utilizzando una doppia calotta autoportante durante la costruzione della Cupola, senza dover utilizzare la tradizionale centina. Il progetto non si limitava all’edificio, ma prevedeva anche i vari macchinari che si sarebbero utilizzati.
La cupola interna ha uno spessore di circa due metri e mezzo alla base, mentre quella esterna è inferiore al metro e serve per proteggere l’altra cupola dalle intemperie e farla sembrare, citando il Brunelleschi, più magnifica e gonfiante all’esterno.
Una delle caratteristiche più conosciute e apprezzate di tutto il progetto è sicuramente l’utilizzo dei mattoni a spina di pesce, che serviva per creare un punto di sostegno per le file dei mattoni, evitandone lo scivolamento fino alla presa della malta.
Il Maestro fiorentino calcolò tutto nel dettaglio, dalla costruzione di carrucole e gru fino all’organizzazione del cantiere, dei ponteggi e dei rinforzi. I ponteggi erano talmente all’avanguardia da prevedere addirittura dei parapetti di protezione per le cadute degli operai.
Per tutelare la vita dei lavoratori ed evitare di esporli al pericolo più del necessario, il Brunelleschi pensò a degli spazi “in quota” dove potersi sfamare e dissetare senza dover salire e scendere continuamente.
Nonostante il cantiere durò ben sedici anni, grazie agli accorgimenti del Maestro sembrerebbe essersi verificata una sola morte bianca. Gli attrezzi di cantiere e una riproduzione in legno della cupola fatta da Filippo Brunelleschi sono oggi visibili all’interno del Museo dell’Opera, situato nella celebre Piazza Duomo.
Data la maestosità dell’opera, con essa si considera l’inizio della grande stagione dell’Umanesimo e del Rinascimento.
Il nostro omaggio alla Cupola di Filippo Brunelleschi
Innamorati dell’opera del Maestro, tanto che le nostre botteghe sorgono proprio all’ombra del Cupolone, in Piazza Duomo, nel corso degli anni abbiamo voluto più volte omaggiare l’artista fiorentino, dedicandogli alcune delle nostre creazioni.
Abbiamo iniziato con dei portachiavi a forma di Cupola (clicca qua), realizzati a mano all’interno del nostro laboratorio di famiglia, per poi giungere a un oggetto ancor più iconico e tridimensionale, quale la pallina di Natale Filippo (clicca qua).